Ripristinata l’equità: ammessa l’esenzione imu per entrambi gli immobili destinati ad abitazione principale di coniugi che hanno residenza in Comuni diversi. La Corte Costituzionale con la sentenza 209 del 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle disposizioni in materia di imu che, ai fini dell’esenzione dall’imposta, definiscono abitazione principale quella in cui si realizza la contestuale sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale del possessore e del suo nucleo familiare.

La definizione censurata impediva l’accesso all’agevolazione al verificarsi della mera costituzione del nucleo familiare, nonostante effettive esigenze potessero condurre i coniugi a stabilire residenze e dimore abituali differenti.

La norma, quindi, determina un trattamento deteriore del nucleo familiare rispetto non solo alle persone singole ma anche alle coppie di mero fatto, poiché, finché il rapporto non si fosse stabilizzato nel matrimonio o nell’unione civile, ciascuno dei partner avrebbe potuto accedere all’esenzione IMU per la rispettiva abitazione principale. La Corte ha rilevato che la scelta di accettare che il proprio rapporto affettivo sia regolato dalla disciplina legale del matrimonio o dell’unione civile, preclude la possibilità di mantenere la doppia esenzione imu anche quando effettive esigenze, come possono essere quelle lavorative, impongano la scelta di residenze anagrafiche e dimore abituali differenti. Tuttavia nell’ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire un’unione civile.

Da qui la dichiarazione di illegittimità costituzionale che ora andrà a travolgere i contenziosi pendenti.

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